SUD AFRICA - 2006
 Un po' di Europa nel continente africano

Può sembrare inutile dire che è un paese dai molti contrasti, ma è proprio così. Sarà forse perché abbiamo visto solo la parte sud del paese, che è veramente grande e variegato, ma mi è rimasto il dubbio se sia un paese nero con pochi bianchi o un paese bianco con molti neri. Città del Capo, dove arriviamo, è a tutti gli effetti una grande città moderna del tutto simile a molte città europee, questo se non si considera ovviamente il colore della pelle degli abitanti che come spesso succede si vedono raggruppati in quartieri separati, compreso quello degli ebrei e dei mussulmani. I cambiamenti non sono mai semplici! La città offre qualche spunto interessante, come la salita alla montagna piatta che la domina o qualche visita ai musei ed esposizioni che descrivono il periodo storico dell’aparthaid. Inevitabile anche la visita al faro del Capo di Buona Speranza, che, anche se non è il punto più a sud del continente africano, è sicuramente quello più importante e quella alla riserva di pinguini del Capo veramente imperdibile. Su tutto domina lo spettacolo dell’oceano, sempre inquieto e agitato da un vento che “anche quando non c’è è forte” che arriva direttamente dall’Antartide, non essendoci niente in mezzo che lo possa fermare. Noleggiata un’auto partiamo per un giro che ci porterà costeggiando il mare sino a Port Elisabeth e da lì il ritorno sulle strade interne dell’altipiano sino alla rotta del vino. Lungo il percorso visitiamo un allevamento di struzzi nella zona di Outshoorn ed incontriamo la bella città di Knysna con una spettacolare baia divisa tra una zona residenziale ben curata e sorvegliata agli ingressi, una parte “normale” con un classico degrado urbano ed infine una “stone town” (gli antichi ghetti negri), anche se adesso è visitabile essendo di fatto diventata meta turistica per giri organizzati, strutturata come un agglomerato di baracche in legno, cartone e lamiera arrampicate sul fianco che sovrasta la baia, che dire catapecchie ma con una vista splendida. Altra sosta inevitabile è quella nel parco nazionale di Tsitsikamma, unico parco marino del paese, animali pochi ma la vista dell’oceano sotto il balcone del bungalow che sembra una baita alpina è sempre uno spettacolo inimitabile. A Port Elisabeth non c’è niente di entusiasmante e fatta una sosta tecnica proseguiamo tornando a sud verso l’interno tra foreste, deserti e vigneti. Naturalmente non poteva mancare la visita ad un parco per vedere da vicino gli animali tipici del paese e per non sbagliare decidiamo di vederne due. Il primo è un parco nazionale dove si fa un itinerario con la propria vettura (tipo zoo safari), l’ambiente è molto bello e gli animali sembrano trovarsi a loro agio, come a casa loro, ma vediamo solo erbivori, elefanti, zebre, kudu (antilope endemica), facoceri, gazzelle, ecc. La cosa più curiosa la scopriamo quando arriviamo in una zona della savana con una specie di recinto elettrificato, ma quelli dentro siamo noi, che ci permette di avvicinarci a pochi metri da una mandria di elefanti scrutandoli dagli appositi buchi fatti in una palizzata per non essere visti. La cosa curiosa è un cartello che proibisce di dare da mangiare arance agli elefanti perché pare gli provochi un’eccitazione simile a quella data dall’assunzione di una droga. Il secondo è un parco privato dove facciamo il giro su di un loro fuoristrada ed incontriamo i soliti erbivori, più un paio di enormi rinoceronti che dopo essersi abbeverati ci passano vicini incutendoci un certo timore. Ma il bello viene quando arriviamo in una zona dove si sta riposando una famiglia di quattro leoni ai quali ci avviciniamo a non più di 3 metri, che per fortuna, visto che siamo su di un’auto scoperta, hanno la pancia sicuramente piena. Dopo la traversata di un altopiano desertico arriviamo a Graft Reineth, sicuramente la più bella tra le città viste, con le sue caratteristiche case in stile olandese, retaggio della fondazione della città da parte dei Boeri in fuga dalla costa occupata dagli inglesi. Qui abbiamo l’occasione di visitare anche il parco locale che ha come caratteristica particolare una grande colonia di scimmie. La sera saliamo su di un enorme sperone roccioso che domina la pianura per vedere il tramonto sulla città che lentamente scompare nel buio della sera. Sarà vero, come dicono molti fotografi famosi, che i tramonti sono ormai banali, ma quando ci si trova in posto come questo, tutto si può dire tranne che lo spettacolo sia banale e soprattutto che sia da non fotografare. L’ultima tappa ci porta sulla rotta del vino (tanto per cambiare), da Stellenbosch a Franschhoek, che ci stupiscono per la perfezione geometrica dei vigneti e la cura nel trattamento antico che dall’uva porta al vino.
ANIMALI    
CITTA'    
Non avranno tutte le varietà di vitigni presenti in Europa, ma chissà, forse qualcosa potremmo impararlo anche noi. Il rientro a Cape Town è come al solito quello della fine di un viaggio, forse un po’ triste ma carico di emozioni, anche perché l’ultima escursione la dedichiamo alla locale Stone Town, che a differenza di quella di Knysna, si presenta come una distesa immensa di baracche di legno, lamiera e cartone, chiuse da una apparentemente infinita palizzata di cemento. È pur vero che il recinto è stato abbattuto ed aperto in più punti e l’aria è attraversata da una moltitudine di fili che portano elettricità a tutte le baracche per le onnipresenti televisioni, facilmente individuabili dalla selva di antenne sui tetti, ma l’impressione è forte e i dubbi sono tanti. Sarà davvero cambiato qualcosa nel mondo?