Tragicomico resoconto, in terza persona, del
viaggio molto particolare di due amici
L’arrivo a Malaga è in
perfetto orario ma gli avvenimenti seguenti fanno percepire che la
settimana riserverà ai due protagonisti una serie di eventi, tra gli
alti e i bassi, decisamente fuori dal normale. Infatti come primo
impatto C. e P. si ritrovano ad osservare, dopo una breve quanto
infruttuosa attesa, con fare sconsolato, il nastro trasportatore dei
bagagli oramai vuoto, nero presagio di fatale mancanza. I bagagli, per
quanto pochi, non erano arrivati lasciandoli ammutoliti di fronte ad un
incerto futuro. Una signorina molto gentile, prima diversa avvisaglia di
una serie di eventi favorevoli, li conduce con rapidità, prima di un
folto stormo di altrettanti sventurati viaggiatori rimasti parimenti
senza i bagagli al seguito, allo sportello per le necessarie pratiche,
rassicurandoli che le rispettive valigie (al momento ferme a Parigi)
sarebbero state loro recapitate al più presto in un qualsiasi albergo
della Spagna. Incredibile! La ricerca della macchina a noleggio li vede
in un certo imbarazzo in quanto il fiducioso C. aveva, al contrario del
previdente P., suggerito di non riservare il noleggio ma di gestirlo
direttamente sul posto presso un autonoleggio di sua fiducia. Dopo un
breve ma non banale ricerca i due trovano l’agenzia cercata che
lapidariamente li liquida dicendogli di non avere mezzi a disposizione
ma li indirizza presso una vicina agenzia che molto fortunosamente gli
consegna l’ultima vettura a disposizione e con gradita sorpresa ad un
prezzo così basso che in Italia sarebbe impensabile. I due arrivano così
a Marbesa (gioiosa località a circa 10 Km da Marbella) per i primi
contatti con gli indigeni, peraltro rivelatisi estremamente fruttuosi ed
atti a stabilire una strategia ed una pianificazione che li avrebbe
portati nel giro di una sola settimana a risolvere, tutti o quasi, i
problemi rimasti in sospeso da tempo immemorabile. Soddisfatti da sì
tanto produrre, sul far della sera, si abbandonano ad una parca ma
estremamente gustosa cena a base di zuppa di pesce e calamaretti alla
piastra in un tipico locale nel grazioso centro storico di Marbella.
Il positivo ed inaspettato sviluppo degli eventi, legato al sopravvenuto
fine settimana ed alla concomitante festa dell’Andalusia del primo
marzo, li costringe loro malgrado a programmare tre giorni di vacanza
forzata nei quali si propongono di fare un’immersione nell’arte e nella
storia locale al fine di elevare il loro livello culturale, specialmente
quello di C.. Il mattino di buon’ora li vede partire verso il sud sulla
strada che con un largo giro li porterà a Siviglia, incomparabile
capitale del sud Iberico. Prima tappa a Tarifa, sonnolenta cittadina
famosa tra i surfisti per il perenne vento che la batte creando grosse
onde nella confluenza tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico. Qui
infatti si trovano nel punto più a sud della penisola iberica con le
ovvie conseguenze. Il vento è sferzante e le onde si infrangono anche
sullo stretto istmo che collega la città al vecchio forte bagnando i
nostri eroi mentre impavidi cercano di immortalarsi in qualche
fotografia. La città nel frattempo si prepara al risveglio annuale con
le varie attività legate al locale carnevale, anche se fuori tempo, ma
ritenendole attività poco confacenti al livello intrapreso in termini
culturali, i due riprendono la loro strada. A metà pomeriggio, non
avendo come al solito pranzato per la rituale mortificazione delle
carni, decidono di fermarsi in un paese per gustare un parco caffè e
latte. Giunti così a Zahara vengono colti da un turbinio di gente
festosa radunata sotto un tendone all’interno del vecchio fortino nel
centro della città. Anche qui si festeggia il carnevale e tra gli
sguaiati cori dei giovani villici vestiti a festa per l’occasione si
presenta la celestiale visione di innumerevoli piatti di muscoli (mejillones)
accompagnati da fiumi di birra. Costretti dalle circostanze i due, pur
con una certa reticenza e dicendo “prendiamo solo un piatto in due”, per
non sembrare sgraditi ospiti, si lanciano in una pantagruelica mangiata
dei migliori muscoli mai assaggiati, fermandosi solo per raggiunti
limiti biologici. Ad ulteriore precisazione della particolarità
dell’evento occorre dire che le consumazioni erano praticamente gratis
con un’offerta, per piatto e birra, di 1 euro. Giunti a Siviglia e
postisi alla ricerca dell’albergo prenotato via internet da P. in una
posizione strategicamente centrale, sempre ai fini di un più facile
accesso ai luoghi di interesse culturale, ma malauguratamente in zona
pedonale, pur dotati di un navigatore satellitare i due passano
allegramente circa un’ora alla ricerca della giusta via, concedendosi
così il lusso di vedere da vicino tutto il centro storico (conosceranno
in tal modo tutte le pietre). Nonostante l’ora crepuscolare e la
liberazione di non avere il fastidio delle valigie al seguito,
realizzano di avere il piccolo problema nella mancanza di mutande e
calzini di ricambio. Ed è in questa particolare occasione che C.
apprende, dal più esperto P., della possibilità da parte degli uomini di
rifornirsi di tali accessori, normalmente fornitigli dalla moglie, in
maniera autonoma anche se questo gli presenta il pesante dilemma della
scelta. Acquisito ciò, si recano nel più vicino magazzino ancora aperto
e girando con saggezza tra i vari scaffali, P. fa gli oculati e
necessari acquisti. Per rimettersi dallo stress i nostri due indomiti
protagonisti penetrano nel centro storico alla ricerca di un ristorante
all’altezza del momento critico sino a trovarne uno che propone come
specialità il tonno di Zahara, chiaro segno del destino che loro
assecondano religiosamente assaporando un menu tutto a base di pesce
fresco, naturalmente aiutati nella digestione da un fresco ed ottimo
vino bianco del paese. Diranno poi “mai mangiato così bene” anche in
considerazione del successivo bicchiere di ottimo ed abbondante brandy.
Il giorno li vede impegnati duramente negli approfondimento culturale
che una città come Siviglia offre in tutti i suoi più reconditi angoli.
La gotica ed enorme cattedrale li accoglie all’inizio della cerimonia
religiosa immergendoli in un clima coinvolgente e consentendogli così di
“prendere il perdono” (antico detto ligure). L’apertura per le visite è
nel primo pomeriggio e così i due decidono di rimandare l’incontro con
il monumento iniziando a perlustrare attentamente la parte storica, da
Plaza de España (fatta in occasione della prima esposizione mondiale) al
Barrio de Santa Cruz, passando attraverso lo splendido e magnificente
Alcazar. Il ritorno verso la cattedrale li vede attoniti di fronte ad
una coda chilometrica e come se non bastasse inizia una fitta e
sconsolante pioggia; i due abbandonano l’impresa. Al ritorno nella
stanza dell’albergo, lussuosa dimora d’epoca splendidamente
ristrutturata, si trovano con sorpresa di fronte ai bagagli smarriti ma
senza curarsi di siffatti particolari i due escono per adempiere ad
imprese più degne, la ricerca di un ristorante per la cena. La voglia di
avventura li spinge nei meandri della zona più antica sino ad entrare in
un tipico ristorante per “ciucchi”, una classica taverna con acqua
corrente (infatti ci piove dentro) dove un oste apparentemente alticcio
ripeteva urlando le ordinazioni dei clienti, che dovevano essere
rigorosamente fattegli in spagnolo, alla cucina, tra l’ilarità di tutti
i commensali. Giunti in branda C., con grande meraviglia, conteggia
l’addormentamento di P. senza arrivare ai 15 secondi, mentre dopo altri
5 secondi il P. russava di già.
La mattina li vede solerti viaggiatori verso la città di Granada, la
giornata è stranamente splendida dopo tutta la pioggia dei giorni scorsi
e gli consente di arrivare presso l’Alhambra con un certo anticipo sulla
visita programmata e già prenotata di questo splendido monumento
dell’arte araba. Questo gli permette, almeno nell’idea, di mangiare un
boccone interlocutorio in uno dei tanti bar vicini all’ingresso, ma la
notoria calma degli indigeni li trova a dover mangiare di “strangugiun”
il parco menu ordinato, ma la cultura ha ovviamente la precedenza.
L’Alhambra li accoglie bella come sempre anche se la visita,
necessariamente frettolosa dato il numero incredibile dei visitatori e
la mancanza dei leoni intorno alla celebre fontana in ristrutturazione,
lascia un po’ di amaro in bocca alla loro sete di conoscenza. Ma i due
vecchi viaggiatori hanno per fortuna già goduto in altri tempi di tale
bellezza, in questo consolandosi di fronte alla torma di turisti con
malcelata sufficienza. Ma C., comunque apparentemente insoddisfatto,
cerca con ogni mezzo lecito di turbare le assistenti al monumento, già
oltremodo indaffarate nel gestire tutta quella massa di persone, ponendo
loro domande inquietanti, in una sua lingua sconosciuta, sul perché
della mancanza dei leoni e dell’eventuale sconto sul costo dell’ingresso
che avrebbero dovuto fare. La discesa verso Motril, sulla costa, è più
rapida di quanto previsto grazie ad una nuova strada della quale C. non
aveva memoria essendo passato da queste lande in epoca pre turistica.
Come sempre le cose inaspettate sono le migliori, infatti quasi in fondo
alla discesa si trovano di fronte ad un lago artificiale, creato con una
nuova e possente diga. Ma la cosa più interessante è che a causa delle
grandi piogge avvenute in quel periodo l’invaso si era colmato oltre le
più rosee previsioni, rendendo così necessario uno svuotamento forzato.
L’immagine dell’acqua che fuoriesce dalla condotta alla base della diga
con una forza immane è uno spettacolo che li avvince in modo
particolare, il P. scatenato dall’evento scatta foto a ripetizione con
grande maestria, sembrando proprio un fotografo professionista. Il
viaggio continua ed il far della sera li vede arrivare a Marbella che li
attende con una quieta pioggia e solo per adempiere ai doveri verso il
proprio corpo si cimentano poco dopo in un assalto ad un ricco piatto di
“braccio d’agnello” alla griglia con relativo contorno. Rientrati in
albergo si rendono conto del fatto risaputo che spesso le disgrazie non
vengono mai da sole, infatti le valigie oltre ad essere arrivate,
risultando di fatto solo un fastidio, creano un ulteriore problema. La
sera prima il P., notoriamente abile nelle cose tecnologiche, forse in
un momento di crisi mistica dovuta alle abbondanti libagioni, aveva
chiuso la combinazione della valigia in una qualche modalità sconosciuta
non riuscendo pertanto ad aprirla; è un segno del destino. P. non
dandosene una ragione cerca disperatamente di aprirla sia con la ricerca
tra tutte le possibili combinazione che con la forza ma ogni tentativo
risulta vano. C. dice di dispiacersene e giura sperticatamente di
esserne rattristato ma in realtà se ne batte le balle, al chè P.
stremato abbandona l’impresa e messa la testa sul cuscino si addormenta
in meno di 10 secondi, non lasciando a C. neanche il tempo di iniziare a
contare, ma anche lui stremato dall’intensa giornata riesce a guadagnare
un meritato riposo in vista della prossima giornata lavorativa. Sembra
che P. nella notte svegliato di soprassalto ed ancora nel dormiveglia
abbia sentito C. gridare “olè” pensando fosse ancora nell’arena di
Motril, ma domani è un altro giorno. Per la cronaca la valigia verrà
aperta il giorno dopo da un operatore dell’albergo ben fornito di
attrezzi opportuni.
I due iniziano una intensa giornata lavorativa che si rileverà molto
proficua oltre ad ogni aspettativa scoprendo che gli impiegati spagnoli,
almeno in quella zona, sono più efficienti ed educati di quelli
italiani. Infatti, in un piccolo ufficio comunale, scoprono con rapidità
cosa devono fare, il come ed il perchè, con tutte le indicazioni del
caso, precisissime, sui tempi e sulle modalità per procedere anche
dall’Italia, stabilendo inoltre gli opportuni contatti personali
necessari al fine di creare un collegamento per il futuro. Finito il
lavoro partono sotto la pioggia alla ricerca della mitica Mijas, che C.
ricordava come in un sogno e risultata quasi un’araba fenice, trovandosi
per chilometri e chilometri in una delle molte strade in rifacimento,
dove l’abilità da fuori stradista di P. si è rivelata in pieno sembrando
quasi come un veterano della Parigi-Dakar. Ritornati sulla strada
normale si ritrovano nel villaggio arabo di Alzahar il Grande dove, per
cercare un ristoro dalla pioggia sempre più battente, entrano
casualmente in un bar nel quale gli avventori, tipici “ciuccatoni”,
hanno fatto temere per la loro incolumità. Infatti, dopo aver ordinato
un caffè con latte peraltro cattivo, un avventore appoggiato stortamente
al bancone, tipico bacco in calore, cerca ripetutamente di arpionare C.
con l’intenzione di spiegargli la strada da fare per il ritorno
infilandogli direttamente un dito nell’occhio, per fortuna prontamente
bloccato dal barista con una erculea manata. Rientrati in macchina e
ripartiti si accorgono che l’avventura non è finita in quanto ben due
strade risultano interrotte per frane e solo dopo un lungo girovagare
trovano l’unica via ancora percorribile costituita da una strada
nuovissima e non ancora collaudata. La sera li vede in una passeggiata
liberatoria sul lungo porto di Marbella respirando l’umidità portata dal
forte vento in una fitta pioggia che a memoria d’uomo non si ricorda in
questo paese.
La sveglia per i due coraggiosi è alle 7.00 per poter essere presenti
prima delle 8.30 alla Polizia Municipale di e non per farsi arrestare ma
solo per ottenere il necessario documento. Mentre P. cerca un parcheggio
sotto un notevole acquazzone, C. si trova al centro di una folcloristica
calca di extracomunitari che attendono il passaporto o altri vari
documenti e permessi. All’arrivo di P. una gentile vigilessa inizia a
dare i numeri, nel senso di dare le priorità alle varie code, sino a
quel momento caotiche, compresa quella dove distintamente cercava di
resistere C., l’unico in giacca e cravatta di quella eterogenea e
svariata umanità, che iniziava a dare chiari segni di irrequietezza. Per
sua fortuna le code si assottigliano e C. inizia a prendere fiato e si
rilassa leggermente cercando di attaccare bottone con qualcuno. In coda
c’è anche una signora che nonostante sia inglese parla italiano con un
perfetto accento romanesco con la quale intrattiene un colloquio tanto
vago quanto inutile. Anche qui con grande sorpresa i due verificano che
gli iberici hanno superato gli italiani per cortesia e velocità, infatti
la coda si dissolve rapidamente grazie ad una impiegata, tanto
efficiente quanto grassa, che non si sa per quale recondito motivo si
interessa allo stato civile di C., cioè se era coniugato o separato,
dandogli appuntamento dopo due giorni. Il parco pranzo consiste in due
cappuccini ma nel ristorante del campeggio i cappuccini sono
problematici perché l’iberico al banco, sicuramente discendente di
oscuri gitani, incontra difficoltà a capire che la bevanda richiesta è
in sostanza composta solo di caffè e latte e con grande determinazione
vuole inserire sul tutto della panna spray in lattina (pare che i
tedeschi ne vadano matti) venendo per fortuna bloccato con decisione da
P. con una rapida manovra della mano. Fuori piove sempre e i due si
avventurano verso l’orrenda Torremolinos dove dopo essersi persi tra le
varie uscite si trovano a percorrere una strada della periferia
cittadina curiosamente ridotta ad un vero e proprio ruscello dove il
mitico P., ormai avvezzo a tutte le imprese di questo tipo, riesce a
condurre il veicolo fuori dal guado arrivando così nel centro sotto una
pioggia sempre più forte. Ma mai paghi anche se stremati dal clima
orribile, anche qui non si ricorda nel tempo un clima così inclemente,
P. propone una fermata strategica nel centro commerciale più famoso di
Spagna, il Corte Ingles, anche perché la moglie prima di partire gli
aveva consegnato un “papello” con l’intimazione di acquistare alcune
cose assolutamente inutili, una padella per la paella rigorosamente in
ferro battuto, dell’amido di riso oltre ad un particolare prodotto
farmaceutico. I due guadagnano l’uscita trovando miracolosamente la
macchina in questo megagalattico centro commerciale e naturalmente si
perdono tra i vari svincoli trovando a fatica la strada per arrivare al
ristorante del campeggio, avendo, come è ormai evidente, un debole per i
posti da “ciucchi”, dove consumano una decorosa cena completata da anice
e brandy.
La giornata presenta un nuovo inconveniente in quanto gli uffici sono
nuovamente chiusi per cui i nostri due stakanovisti personaggi sono
costretti loro malgrado a fare ancora una volta i turisti, decidendo di
recarsi ad Almeria. Partenza alle 9.30 dopo una lauta colazione, che
comprende anche i viveri di sopravvivenza per il pranzo, nell’ottimo
albergo prenotato via internet da P. e questa volta senza sbagliare
strada arrivano a Malaga ma lì iniziano i problemi, perché se tutte le
strade vanno a Roma e molte di quelle che gli servono non sono indicate
sulla loro cartina. Fortunatamente un cartello per Motril li indirizza
con sicurezza verso Almeria, meta prescelta per le sue antiche origini
con trascorsi Fenici, Greci e Romani con un successivo grande sviluppo
sotto i regni Arabi prima della riconquista da parte dei re Cattolici
dopo la stessa Granada. La sete di cultura li vede fremere chilometro
dopo chilometro ma durante il percorso attraversano inaspettatamente una
località di nome Limonar, che magari non è interessante ma nella quale
ci si può sicuramente divertire, che i due non considerano minimamente.
Ma cammin facendo, come il mitico Ulisse, sono ancora messi alla prova
dalla successiva località, la godereccia Solobrigna, ma memori della
maga Circe i due non indugiano nella deviazione e proseguono indomiti
verso la meta prefissata anche se non più tanto agognata. Ma gli dei li
vogliono mettere assolutamente alla prova e quasi come un Satana
tentatore incappano in una terza località, la famigerata Balanegra,
della quale non conoscendo bene la sostanza specifica li vede proseguire
con determinazione. Tra una tentazione e l’altra la spia della benzina
segna un profondo rosso ma i due non si abbassano a badare a simili
dettagli e proseguono indomiti. Dopo circa 30 Km senza incontrare
nessuna pompa di benzina prendono la decisione di uscire dalla
superstrada e senza indugio calano su Adria dove, nell’unico
distributore del paese, un gentilissimo benzinaio non solo gli riempie
il serbatoio ma gli indica la strada per Taberna dove si trova l’unico
deserto europeo, ma di questo ne parleremo dopo. Sul fine del
mezzogiorno arrivano finalmente ad Almeria dove, dopo aver parcheggiato
in centro città in un palazzo sventrato e trasformato in un silos per
auto di quattro piani, hanno la piacevole sorpresa di trovare un Alcazar
magnificamente restaurato. All’entrata il custode saputo di avere
davanti degli italiani ed in particolare liguri, li fa entrare
gratuitamente. L’Alcazar è veramente magnifico e consiste in una parte
bassa araba ed una più alta rifatta dopo la riconquista dal cui bastione
più alto i due si perdono negli storici pensieri godendo di una
magnifica vista sul barrio arabo, ora sommerso da una montagna di “rumenta”.
Usciti rapidamente dalla città fortificata si avviano senza indugio alla
volta di Taberna, che contrariamente al suo nome non ha neanche
un’osteria ma ben tre studios, al momento assolutamente deserti, dove
hanno anche girato i film western del regista Sergio Leone. Dopo un
completo ed impeccabile servizio fotografico di P. sui falsissimi tepee
indiani, i fortini ed i saloon dei villaggi ricostruiti i due si
lanciano nella mitica impresa del giorno. Con guida da perfetto rallysta
il P. affronta in velocità lo sterrato di un canyon incassato nella
piana desertica, tante volte visto al cinema, nel quale gli indiani “imbelinavano”
dalle scoscese rive immensi massi (di cartone) seguiti da nugoli di
frecce. Dopo aver quasi distrutto un cerchione dell’auto tra fossi e
pietre nello sconnesso fondo del canyon si riportano sulla “carretera” e
da qui sull’autostrada che li riporterà più velocemente (vista l’ora) a
Marbella per un meritato riposo perché il giorno successivo sarà
estremamente duro. Il P. nella specifica circostanza non riesce neanche
a toccare il cuscino da sveglio, pare che si sia addormentato in itinere
e naturalmente al tocco del soffice giaciglio inizia una russata degna
di Polifemo.
Anche oggi i due si alzano di buon’ora e con spirito indomito si recano
al comando della Polizia Municipale e fortunatamente incontrano la
solita vigilessa gentile che infatti appena arrivati li fa passare
all’ufficio stranieri dove vengono guardati con sospetto chiedendogli se
erano Turchi ed alla loro dichiarazione di essere italiani guardandoli
ancora con più sospetto. Fatta questa triste trafila ricevono infine
l’agognato documento. Dopo questo
doveroso adempimento, presi nuovamente dall’inestinguibile sete di
cultura, i due decidono di visitare altri due importanti luoghi storici
come Ronda e l’irraggiungibile Mijas. Ancora una volta quasi a secco di
benzina riescono, dopo aver scavalcato la sierra su di una splendida
strada montana tra pinete e dirupi, ad arrivare a Ronda, città romana,
araba e cristiana. Per prima cosa si dedicano alla visita della Plaza de
Toros e dopo aver visitato il ricco e curatissimo museo sulla storia
della tauromachia il P., pensando di essersi reincarnato in un famoso
torero, costringe C. a fargli una foto in un tipico atteggiamento da
matador. I nostri eroi riescono anche oggi ad imbucarsi entrando nella
cattedrale in stile gotico fiorito (pare) senza pagare l’ingresso dopo
aver partecipato al lancio del riso in un matrimonio. Ma anche oggi
l’avventura continua, infatti dopo una ripida discesa, lasciandosi alla
sinistra i ponti romani e medioevali, cogliendo la sensazione di un
evento speciale entrano nella chiesa del Santo Spirito accorgendosi
immediatamente dell’aria particolarmente solenne che vi regnava.
Scoprono così che tutti gli anni il primo venerdì di marzo a Ronda si
celebra il bacio del piede di Nostro Signore ed avvicinatisi ad un
solerte e compostissimo confratello che pulisce il tallone del Cristo,
procedono entrambi ad un deferente bacio che poi P. immortale in una
perfetta foto. Sempre per la legge del non farsi mancare niente, passano
poi al bacio della mano della Vergine Maria anche questa naturalmente
immortalata in una toccante foto. Usciti dalla chiesa si imbattono in
una scolaresca in attesa di procedere alla cerimonia e tutti e due senza
parlarsi immaginano cosa sarebbe successo in Italia in una situazione
del genere con una delle turbolenti classi, come minimo sarebbe sparita
la mano. A mezzogiorno, immersi in una leggera nebbiolina, pranzano su
di una panchina nella piazza della chiesa parrocchiale mangiando il
solito panino confezionato durante la sostanziosa colazione del mattino.
Dopo questo adempimento guadagnano stancamente la macchina e dopo aver
ben chiarito l’itinerario da seguire si avviano verso Mijas, graziosa
cittadina abbarbicata sul costone della sierra ma ad un passo dal mare.
Nella bianca e ridente città andalusa effettuiamo gli ultimi incauti
acquisti, poi esausti guadagnano a fatica l’albergo e dopo la
preparazione delle valigie (l’aereo partirà da Malaga alle 7.00 del
mattino) escono per l’ultima e meritata cena nel solito ristorante a
base di zuppa di pesce e calamaretti alla piastra. Naturalmente fuori
continua a piovere e per compensare i due chiudono con i soliti
bicchieri di anice e brandy che una graziosa cameriera, colpita
dall’amabilità dei nostri, provvedere a riempire nuovamente di sua
iniziativa lasciando così un ultimo ed indelebile ricordo di questo
viaggio.
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SIVIGLIA |