BAJA CALIFORNIA
Arrivati La Paz noleggiamo un’auto ed iniziamo il giro di questo angolo di
Messico così diverso da quello già visto e che presenta caratteristiche
notevoli anche se non eclatanti. La lunga penisola è quasi del tutto
desertica con due coste completamente differenti tra di loro. Quella
oceanica con il solito mare scuro e sempre agitato e quella interna con
un mare calmo e trasparente, da cartolina tropicale. In pratica c’è una
sola strada, deviazione della panamericana, se si esclude la
parte più bassa e larga, dove si percorre un anello che lambisce le due
coste, sino al punto terminale, Cabo San Lucas. Questa per noi (siamo
forse un po’ snob?) è sicuramente la parte meno interessante, due
aeroporti collegati da un’autostrada tra Cabo San Lucas e San Josè del
Cabo, con un’infinità di grandi alberghi sul mare popolati
prevalentemente da statunitensi e canadesi alla solita ricerca di un
posto caldo ma “moderno e civile”. Il giro prosegue tra spiagge con mare
cristallino, deserti punteggiati di cactus Saguaro e silenzi, nessuno oltre noi.
Ma forse più interessante è la zona della Cordigliera Centrale che si
stacca improvvisa dalla pianura formando un complesso intricato di
montagne brulle solcate da profondi canyon verdissimi. Proprio qui i
Gesuiti fondarono varie missioni durante la loro opera di “conversione”
degli indigeni. Posti veramente suggestivi e rimasti fuori dal tempo
anche perché alcuni sono veramente difficili da raggiungere. In una di
queste zone, nella Sierra di San Francisco, riusciamo a fatica, su una
brutta strada sterrata, a
vedere un sito dove vi sono delle splendide incisioni rupestri colorate
e perfettamente conservate. Al paese ci dicono che ce ne sono altre
ancora più belle ..... facilmente raggiungibili ma solo in due giorni a
dorso di mulo! Durante il percorso ci fermiamo nelle varie città e paesi
(Loreto, Santa Rosalia, San Ignacio, …) dove spesso troviamo alberghi e
ristoranti gestiti da statunitensi e canadesi (per dire che non sono
tutti uguali), che hanno deciso di cambiare la loro vita in modo
radicale. In effetti ho avuto anch’io l’impressione che questo possa
essere un buon posto per vivere, ovviamente alle condizioni imposte
dall’ambiente. Capita così di fermarci in un piccolo albergo sul mare,
tenuto da un nordamericano, dove non c’è neanche elettricità e dove alla
sera dopo la cena nel vicino ristorante, parlando il
nostro scarso inglese perché lì nessuno parla spagnolo, spento il gruppo
elettrogeno, si può finalmente vedere il cielo stellato in tutto il suo
splendore. Oppure restare un giorno dentro un bosco di palme da
dattero in grosse tende canadesi, ovviamente tenute da una coppia di
canadesi, lungo il corso di un placido fiume dove si divide il tempo tra
colazioni con frittelle dolci e marmellata di cactus, giri sul fiume con
i kayak e bagni rinfrescanti.
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Qualche giorno lo dedichiamo a La Paz, tranquilla capitale coloniale con
qualche storico monumento e con interessanti dintorni. Si va da
splendide spiagge, a volte purtroppo invase da microorganismi urticanti,
ad allevamenti di gamberetti, proposti sulla strada da
consumare crudi o cotti in porzioni minime da un chilo, con il solo aiuto
di una birra oppure tranquille baracche dove si possono consumare tutti
i tipi di frutti di mare. Insomma un posto dove vale la
pena di andare, almeno una volta nella vita. |