La differenza tra un viaggio organizzato ed uno di
quelli … “fai da te” è sostanzialmente evidente nei risultati che
si conseguono alla fine del viaggio.
Nel primo caso la certezza di vedere tutto il “vedibile”, nel poco
tempo disponibile, senza perdere niente di quello che le principali guide
turistiche consigliano di vedere. Nel secondo l’incertezza di non vedere
tutto, magari faticando a trovare quello che le guide consigliano, ma la
sicurezza di trovare qualche cosa di realmente diverso che, normalmente da
solo, vale tutto il viaggio.
Questa riflessione personale trova conferma, in un viaggio improvvisato in
Malesia.
Sbarchiamo quindi a Kuala Lumpur e dopo aver noleggiato un’auto ci
apprestiamo a fare un giro della penisola che ci porti in tre settimane a
vedere quanto di meglio offre questo variegato paese.
Ma la sorpresa la abbiamo quasi subito, infatti nella città di Kuantan,
mentre di buon mattino ci accingiamo a fare il classico giro, ci
imbattiamo in un corteo colorato e rumoroso.
Dai toni traspare immediatamente che si tratta di una cerimonia Induista
piuttosto importante.
Il corpo centrale della “processione” è costituito da due
giovani che trascinano un carretto con una serie di corde, unico
particolare curioso è che le corde sono fissate sulla schiene dei ragazzi
attraverso uncini piantati nella carne. Dietro di loro una persona più
anziana porta sulle spalle un grosso baldacchino d’argento agganciato,
tramite una miriade di catenelle, al petto ed alla schiena con piccoli
uncini e quale tocco finale, un grosso spillone infilato trasversalmente
nella lingua.
Nonostante quanto descritto, la scena non mi appare eccessivamente tragica
(anche se qualche rivolo di sangue scorre sulle schiene dei ragazzi) forse
per l’aspetto sereno della manifestazione, accompagnata da canti e
musica di tamburi e gong.
La meta del corteo è un tempio a circa un chilometro di distanza, dove le
cerimonie continueranno per tutta la giornata. La festa è quella del
“Thipusam” ed è dedicata alla divinità Subramanian.
L’invito ad entrare nel tempio (siamo gli unici bianchi) e la
proverbiale accoglienza degli Indù, ci consente di vivere un’esperienza
veramente interessante, anche se emotivamente pesante.
Ci aggiriamo per alcune ore tra le strutture del tempio passando
dall’ammirazione per le sculture rotondeggianti e dai colori vivissimi
cariche di simbolismo, alla conversazione (per quello che permette la
lingua) con quanti sono interessati a trasmetterci delle informazioni
sulla loro cultura.
Questa celebrazione è una rarità da quando è stata proibita in India a
seguito degli eccessi di automortificazione della carne, ed è rimasta
viva solo nelle grosse comunità fuori dall’India. |
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