ECUADOR - 2009
 ANDE - COSTA - AMAZZONIA

Il primo impatto con Quito, capitale dell’Ecuador, lo abbiamo nel pomeriggio quando andiamo nel centro storico. Le bellezze dell’architettura coloniale si rivelano anche se nella penombra o sotto le luci colorate che adornano i principali monumenti. La mattina dopo andiamo subito sul vulcano Pichinchia, con una teleferica, considerato che la giornata è serena e ci promette viste notevoli. Si arriva direttamente a 4000 m e con un piccolo tragitto a piedi, percorso con molta cautela e fatica vista l’altezza, possiamo ammirare quasi per intero la grande e stretta vallata che racchiude la città di Quito. La vista è bella anche se lo smog sulla città fa riflettere sull’inquinamento che l’uomo produce da tutte le parti. In giornata facciamo altre tre tappe. La Mitad del Mundo, è un piccolo paese che prolifera grazie alla particolarità di essere esattamente sulla linea dell’equatore. È in realtà anonimo e poco interessante ma alcuni padiglioni che lo circondano offrono qualche curiosità. Le rovine preincaiche di Rumiñahui sono difficili da trovare e di scarso interesse essendo costituite solo da un basso muretto perimetrale, ma tant’è la curiosità per l’archeologia è sempre forte. La città di Calderon è famosa per il suo artigianato in ceramica e di pasta di pane, abbastanza animata e sufficiente per qualche piccolo acquisto. Siamo a Quito ed è sabato per cui è inevitabile andare sino ad Otavalo per immergersi in uno dei più famosi mercati del Sud America. Lungo la strada troviamo molti paesi dove, come consuetudine, ognuno è specializzato nella produzione di un particolare prodotto, ci fermiamo così per fare una seconda prima colazione dove ferve la produzione di ottimi biscotti. Il mercato del sabato ad Otavalo non occupa solo la piazza centrale ma tutte le altre vie adiacenti con un’infinità di bancarelle colme di prodotti di tutti i generi, alimentari, tessuti locali e aimè anche cineserie. Naturalmente comperiamo qualcosa, maglioni di alpaca, camicie ricamate, cappelli “Panama” originali Montecristo e qualche souvenir. La fattura di questi prodotti è a volte un po’ scadente rispetto agli standard italiani ma i costi sono talmente bassi ed il piacere di favorire, anche se in piccola misura, il commercio di queste popolazioni ora organizzate in cooperative, che è impossibile resistere. Si rientra a Quito lungo ola strada che presenta scorci fantastici, tra ripide salite e discese che superano le strette vallate di questa zona andina. Il mattino dopo facciamo ancora un giro nella città vecchia di Quito, è domenica ed è la festa di Ognisanti qui molto sentita,i negozi sono quasi tutti chiusi, tutta la zona è chiusa al traffico veicolare ed in ogni piazza c’è un evento con musica e balli. Un vero spettacolo per ammirare questo centro storico tra i più belli del Sud America. Si parte per Latacunga, città mediocre con pochi alberghi e ristoranti, quasi deserta in questi giorni di festa (qui si festeggia dall’uno al tre di novembre) ma tappa obbligata per il giro che porta alla laguna di Quilatoa. Si parte di buon mattino per potersi anche fermare nei vari paesi lungo la strada dove c’è sempre qualcosa  di interessante da vedere, in uno di questi troviamo una festa annuale della ceramica. Lo spettacolo è veramente bello con i frequenti cambi di luce dati dalla variabilità del clima, che sarà una costante quotidiana in tutto il viaggio. Il paesaggio lungo la strada è splendido salendo dai 2800 m di Latacunga ci troviamo a percorrere un altopiano verdissimo tutto abitato e coltivato a circa 3000 m sino all’ultima salita al cratere.La laguna di Quilotoa è a 3854 m ed è un enorme e perfetto cratere vulcanico con al fondo un bel lago a circa 400 m dal bordo del cratere nel quale si può anche scendere attraverso un tortuoso sentiero, ma vista l’altitudine la riteniamo un’impresa del tutto superflua. È ancora festa (la liberazione di Cuenca) e ci dirigiamo in discesa verso Baños e la foresta amazzonica, il tragitto è breve e ci permette di fare alcune soste nei vari paesi lungo la strada. La prima deviazione è per Quilapungo, paese specializzato nella lavorazione della pelle e del cuoio. Lungo la via principale c’è una continua presenza di negozi che vendono una incredibile varietà di articoli in pelle. Anche qui non possiamo esimerci dal comperare qualcosa e anche qui vale il discorso di prima sulla qualità ed i prezzi. Altro paese, Pilolao, dove c’è una grande produzione di pantaloni in jeans per alcune note marche statunitensi, si può forse non prendere qualche jeans originale per pochi euro? Come sempre il problema sarà quello finale di mettere tutte le cose nello zaino. Si arriva a Baños dopo una lunga discesa che ci porta a 1800 m in un paese molto turistico (troviamo anche un italiano che gestisce un bar ristorante) ma con un clima invidiabile. La mattina sosta terapeutica nella piscina termale calda della città, ogni tanto ci vuole. Nel pomeriggio piccola escursione sulle pendici del vulcano Tungurahua sino ad un piccolo osservatorio, con una casa da fumetti posta sopra di un grosso albero, costruito dai sismologi per il controllo del vulcano. La zona è ricca di serre con pomodori e babaco ed è straordinariamente verde. La mattina si parte per Puyo su di una strada che in 60 Km ci porta da 1800 m a 950 m, dalle Ande alle porte della foresta amazzonica. La strada è costeggiata da numerose cascate con viste spettacolari sugli strapiombi del rio Pastaza. Troviamo anche alcune particolari funicolari dette “tarabita”, mosse con motori diesel di camion installati a terra, che permettono di attraversare il fiume ad un’altezza di circa 100 , la cosa fa un certo effetto. La più grande è il Paillon del Diablo che dopo una breve scarpinata ci consente di vedere da vicino l’esuberanza dell’acqua in questa zona. La città di Puyo è di per sé poco interessante e la mattina seguente la lasciamo per tornare a Baños ripercorrendo la “ruta de las cascadas” e da li per la città di Riobamba. Prima di lasciarla ci concediamo tre ore in una pseudo mini foresta amazzonica alla periferia di Puyo, qui una coppia del posto ha ricreato in 7 ettari di terra un ambiente ricco di piante e fiori che sono in parte in estinzione nella Amazzonia attuale. Il posto è ricco di orchidee e la cosa più incredibile è vederne moltissime di dimensioni talmente piccole da doverle osservare con una lente. In serata un giro nel centro di Riobamba ci dà la dimensione di un’altra città coloniale che se certamente non all’altezza di Quito risulta molto animata. La mattina ci aspetta un giro per il mercato locale che come al solito ci coinvolge, anche se non è certo come quello di Otavalo, ricco di prodotti locali portati dai contadini che arrivano in città sia con grossi pickup che con il treno. Il pomeriggio dopo una puntata al poco interessante Guano dove si producono tappeti di dubbio gusto ci dirigiamo verso le falde del Chimborazo, il più alto dell’Ecuador. Senza pretese di grandi scalate ci ritroviamo con il nostro fuoristrada a risalire il ripido fianco del vulcano su di una strada sterrata sino al primo rifugio, siamo arrivati in macchina a 4800 m.

AMAZZONIA    
ANDE    
COSTA PACIFICO    
L’aria è tagliente e l’altitudine ci fa venire un po’ di affanno, che recuperiamo con un “matè de coca” fatto dal custode del rifugio, ma sapere che siamo comunque più alti della più alta vetta europea ci dà un certo brivido. Il tramonto ci coglie con i suoi riflessi dorati sul ghiacciaio che adorna la punta della montagna e ripreso il fiato, anche per la suggestione, riprendiamo la strada che ci riporta a Riobamba. Si parte verso sud per arrivare nelle terre dei Cañar, popolazione che vi abitava già prima della conquista da parte degli Inca che provenivano da sud. Si arriva alle rovine incaiche di Ingapirca verso il tramonto, l’ora migliore per visitarle in considerazione della luce radente che colora i perfetti muri a secco tipici di questa cultura, anche se peraltro rimangono pochi resti della cittadella. Ci fermiamo a dormire in una bella residenza coloniale spagnola, siamo a 3250 m e la notte fa veramente molto freddo, ovviamente non c’è il riscaldamento centralizzato che viene sopperito da funzionali borse con acqua calda. Al mattino, dopo una colazione in mezzo ai colibrì, si riparte verso sud alla volta di Cuenca, terza città dell’Ecuador che rivaleggia con Quito per le sue bellezze coloniali. In effetti, date le dimensioni più contenute e senza l’obbligo della modernità di una capitale, risulta ancora più gradevole da girare a piedi scrutando tra le vecchie case ed i patii nascosti. Molte abitazione nel centro storico sono state rimesse a nuovo, ma anche da quelle un po’ decadenti non si può non avvertire la sensazione di quella che doveva essere la città negli anni d’oro successivi alla colonizzazione. La giornata successiva è dedicata ad un gradevole giro nei dintorni di Cuenca, visitando i paesi di Chordeleg, Gualaceo e SigsSig. Come sempre ognuna di queste ha precise specializzazioni che in questo caso sono la filigrana d’argento, i tappeti ed i cappelli di paglia toquilla, dove troviamo un grosso laboratorio artigianale autogestito da donne che forniscono i cappelli a molti altri centri più famosi per la produzione dei cosiddetti Panama, tra i quali Montecristi. La sera prendiamo contatto con un’associazione indigena per una visita ad una loro comunità. Il mattino dopo si arriva in un ventina di chilometri in questa comunità che promuove la conservazione della cultura Cañar anche attraverso le conoscenze della natura. In un piccolo giro tra pascoli e boschi a quasi 3000 m facciamo la conoscenza di molte piante medicinali e del loro utilizzo ancora attuale. Il pranzo si fa apparecchiando direttamente sull’erba di un prato, in un bosco considerato sacro, per coinvolgere tutto il corpo in un abbraccio con la natura. Una cerimonia decisamente suggestiva. Da Cuenca a Machala la strada scende senza fine lungo una gola scavata da un fiume che ci porta da circa 3500 m al livello del mare in 165 Km. La vegetazione cambia completamente sino ad arrivare alla foresta semitropicale, passando attraverso zone desertiche in gole vertiginose. La pianura ci accoglie con infinite piantagioni di banane, primo prodotto di esportazione dell’Ecuador e di grande importanza economica dopo il petrolio. Machala è una città assolutamente anonima e la visita più interessante è quella che facciamo il mattino dopo a Puerto Bolivar per gustare una ricca colazione a base di gamberi. Costeggiando il Pacifico si arriva a Guayaquil, la città più popolosa e più importante economicamente, anche se non può competere dal punto di vista architettonico con Quito e Cuenca. La città è molto animata e si presta ad una visita di una giornata, partendo dal piccolo parco della cattedrale, dove si trova libera una colonia di iguane terrestri di grosse dimensioni con abitudini arboricole che mettono a rischio gli osservatori per le grosse deiezioni che arrivano dall’alto degli alberi. Una certa sorpresa è rappresentata dal Malecon della città, rifatto nel 2000, che presenta un percorso di circa 2,5 Km sulle rive dell’estuario-mare con una sequenza di soluzioni architettoniche veramente innovative e con una quantità di giardini, curati in modo maniacale, così ricchi di piante da apparire un vero giardino botanico. Tra negozi di artigianato, mercati , bar e ristoranti il Malecon si snoda sino al Cerro Santa Ana dove con una scalinata di 444 scalini, tutti numerati, si sale tra vecchie case rimesse a nuovo sino al faro, uno dei punti più alti della città. Insomma un’opera che stupisce e che sarebbe veramente da imitare. Lasciata Guayaquil si imbocca la “Ruta del Sol”, strada che costeggia l’oceano Pacifico con viste che si alternano tra bianche spiagge con lunghe onde da surf e boschi con una rigogliosa vegetazione, sino ad arrivare a Puerto Lopez. Essendo fuori stagione il paese è praticamente spopolato ma il colpo d’occhio sulla rada fitta di imbarcazioni tutte dipinte di blu è comunque interessante. La mattina seguente ci godiamo lo spettacolo delle imbarcazioni che rientrano dalla notte di pesca. Sulla riva del mare, resa più lunga dalla bassa marea, si avvicinano sino al bagnasciuga moto, taxi a tre ruote, pickup e camioncini per caricare il pesce arrivato con le barche. Il via vai di uomini con le ceste in spalla e di donne che puliscono, direttamente e su ordinazione, certi tipi di pesce già sulla spiaggia è notevole. Ma più incredibile è la quantità di uccelli che volteggiano su questa scena, quasi come nel famoso film di Hitchcock. Ci sono fregate, cormorani e pellicani che, ognuno con il suo stile, cercano di rubare il pesce di qualità scadente già pescato, prelevandolo direttamente dalle ceste che gli uomini trasportano in fretta per scaricarli sui camioncini che partiranno verso una vicina fabbrica di farina di pesce. Una vera gara di velocità che dura alcune ore. Il tempo è costantemente nuvoloso e non invita al bagno tra le onde per cui andiamo a visitare una comunità indigena dove si trovano anche i resti, pochi ma interessanti, della civiltà Manta, coeva a quella Inca ma non da loro assorbita essendo sulla costa. Qui troviamo anche la possibilità di fare un tranquillo bagno, siamo gli unici visitatori, in un bel laghetto naturale di acqua sulfurea. Il giorno dopo si parte per raggiungere nuovamente la sierra andina verso Quito, con due necessarie tappe di trasferimento. La strada si snoda tra paesaggi completamente diversi, prima una zona costiera che regala splendidi panorami sull’oceano Pacifico, poi verso l’interno in una zona pianeggiante ricca di piantagioni di banane. Il terzo tratto, tra Santo Domingo de los Colorados e Quito, è sicuramente quello più spettacolare. Si sale improvvisamente da circa 600 m sino agli oltre 3000 m, percorrendo una strada incuneata in una valle stretta e ricca di cascate, prima sul fondo valle poi inerpicandosi sul fianco della montagna lasciando alla nostra sinistra degli strapiombi incredibili e anche preoccupanti, visto il tenore di guida dei locali. La strada è in completa manutenzione per fare una corsia in più ed è frequentata da un numero impressionante di camion e pullman, per cui il brivido è assicurato. Dopo una notte passata in un anonimo albergo e la successiva in una bella azienda dell’ottocento, con camera da letto con camino incorporato e funzionante visto il freddo notturno, ci concediamo una botta di vita finale, come facciamo sempre quando è possibile. Trascorriamo così due giorni di relax nelle terme di Papallacta, a 67 Km da Quito e a 3300 m, in un complesso di bungalow immersi nel verde a circondare ampie vasche termali naturali a varie temperature, una meraviglia.