La seconda volta Cuba, la prima era stata per vedere quel
mondo che iniziava ad aprirsi e questa volta per vedere come si era
modificato dopo 9 anni prima che nuove e più drastiche variazioni si
potessero verificare. Infatti questo è successo poco dopo con l’uscita
di scena di Fidel Castro. L’idea è di fatto la stessa dell’altra volta,
prendere un’auto e fare tutto il giro dell’isola, questa volta sia
andata che ritorno, considerato che adesso è tutto più facile di prima.
Arriviamo all’Avana assieme all’uragano Wilma ed infatti per
l’inagibilità dell’aeroporto Josè Martì dobbiamo atterrare a Varadero
per poi proseguire con l’autobus. Ma il peggio doveva ancora venire
perché dopo due giorni di pioggia ci svegliamo con mezzo metro d’acqua
di mare nelle strade anche se alloggiavamo
in una “casa particolar” nella zona alta del Vedano. La rapida
decisione è quella di modificare l’itinerario abbozzato e lasciare
subito l’Avana, tra non poche difficoltà per l’acqua al ginocchio e
alcune strade bloccate, puntando su Trinidad dove l’uragano era già
passato. Trinidad è a mio avviso la più bella delle città cubane (l’Avana rappresenta un discorso a parte) per la sua
caratteristica architettura coloniale recentemente ristrutturata in
parte e patrimonio dell’Unesco. Prendiamo alloggio proprio in una di
queste case a fianco della piazza principale. La città non è sul mare e
forse per questo qui la vita scorre lenta ed il turismo è discreto come
la città stessa. La traversata dell’isola, la maggiore dei Caraibi, è
più lunga di quello che si pensi guardando una cartina e per questo
prevede delle soste nelle principali città. Qui il problema principale,
dopo aver trovato da dormire nelle solite case, è quello di trovare un
posto al chiuso per lasciare la macchina di notte, non tanto per il
pericolo che la rubino, quanto per quello di trovarla smontata per
fornire pezzi di ricambio altrimenti introvabili, ma il popolo cubano è
semplicemente fantastico e una soluzione si trova sempre a tutto. Un
discorso a parte è quello delle vecchie auto degli anni 50, che onnipresenti e bellissime o almeno caratteristiche, paiono
indistruttibili anche se a volte sembrano tenute insieme con il filo di
ferro. A Santa Clara non possiamo non andare al museo
Guevara, recentemente costruito per racchiudere le poche cose che lo
hanno interessato nella sua breve ed avventurosa vita e curiosamente
all’ingresso quasi ci perquisiscono, non so per quali strani timori.
Sopra il museo una statua gigante del “Che” con il mitra in mano, non
troppo bella ma sicuramente imponente. Curiosa avventura per un uomo non
cubano, andato a morire per la gloria della rivoluzione
cubana e celebrato, come spesso succede, più da morto che da vivo, ma
questa è un’altra storia. Arriviamo così a Santiago, l’altra capitale di
Cuba, sempre in rivalità con l’Avana, lei nera e l’altra bianca,
meno frenetica ma non per questo meno interessante. Qui
possiamo vedere, alloggiando nelle solite “case particolar”, come
i cubani per fronteggiare la crisi hanno “ristrutturato” le vecchie
residenze aristocratiche, dividendo ognuna di esse in più
locali sia in orizzontale che in verticale, creando così per necessità
ingressi tanto arditi quanto fantasiosi. Il forte che domina e protegge
la baia è veramente imponente e merita la mezza giornata che gli
dedichiamo. Ma poiché di non sola cultura vive l’uomo, la sera ci
troviamo alle prese con la migliore delle aragoste che abbiamo mai
mangiato. A Cuba la pesca delle aragoste è proibita o meglio è
nazionalizzata per essere poi venduta in ristoranti statali purtroppo a
volte congelata e con più gusto di ammoniaca che di mare. Ovviamente c’è
chi pesca di frodo e le offre ai turisti anche se con molta attenzione.
Che dire, in queste cose tutto il mondo è paese. Al ritorno, poiché non
ci era bastata l’avventura di arrivare a Santiago dalla strada sul litorale sud,
che era stato in parte erosa dall’uragano Wilma, costringendoci a
passare spesso direttamente sulla spiaggia, decidiamo di fare una strada
interna che attraversa la Sierra Maestra, sempre quella del “Che”.
La vera sorpresa, piacevole, la troviamo arrivando casualmente ad El Salton.
Qui troviamo alloggio in un lodge sperso in mezzo alla foresta tropicale, che come
dice il nome è proprio sotto una magnifica cascata che ci stimola con
bagni, pace e riposo. Essendo in un posto così evocativo non possiamo
esimerci dal fare anche una lunga cavalcata ripercorrendo le strade
della Sierra che avevano fatto i “barbudos” nel loro primo e sfortunato
sbarco sull’isola.
|
LA AVANA |
|
|