Ci sono viaggi lunghi, sia per il tempo
impiegato che per le distanze percorse, o definibili di ampio respiro, e
ci sono quelli brevi, relativamente vicini da consumare come quando si
beve in un solo fiato.
Cipro ci aspetta con questa idea nella mente e nella rapidità della
decisione, d’altra parte quale meta migliore per un viaggio, che ci
impegnerà solo per due settimane, di un’isola dalle discrete dimensioni.
C’è proprio di tutto a Cipro, il sole, il mare, le spiagge, la montagna ma
soprattutto la storia.
Una storia che va dalle prime civiltà mediterranee, agli ultimi dissidi
tra Greci e Turchi che dividono l’isola in due, attraverso tutti quelli
che veicolati dal mare, per commercio, conquista o mera curiosità hanno
lasciato tracce indelebili in questi luoghi.
Nel breve ma approfondito giro della parte greca dell’isola troviamo
quanto ci aspettiamo dal punto di vista culturale sia per un turista che
per un viaggiatore.
I resti greci e bizantini sovrastano le principali rotte stradali,
fornendo continui spunti per soste, pensieri e riflessioni.
Scopriamo anche, che curiosamente l’ultima colonizzazione inglese ha
lasciato delle basi militari, con zone adibite anche ai civili, che a
tutti gli effetti sono territorio della corona britannica.
Pranzando in piccoli ristoranti locali verifichiamo alcune curiosità a
volte solo sentite, ad esempio che per tradizione molti uomini pasteggiano
ancora oggi bevendo solo ed esclusivamente brandy del luogo e non
annacquato.
Ma soprattutto ci rendiamo conto di cosa rappresenti la divisione di un
territorio omogeneo dal punto di vista militare.
La città di Nicosia, così come era per Berlino, è divisa da una frontiera
aspra con un'immagine dura,
fatta di case sventrate, barili da greggio riempiti di sabbia e cavalli di
Frisia.
Decidiamo di passare dall’altra parte del confine per vedere cosa c’è
dietro l’angolo, questo anche se dobbiamo lasciare la macchina e restare
un solo giorno (il visto per una permanenza di più giorni è al momento
troppo complicato da ottenere) mentre per quello giornaliero è sufficiente
pagare una tassa di ingresso.
La zona franca è gestita dall’ONU e c’è un solo passaggio utilizzabile
percorribile solo a piedi segnato nella sua traccia a zig-zag dai soliti
barili e dal filo spinato.
La parte turca di Nicosia ci appare subito più animata di quella greca,
forse più viva, sicuramente meno inglese.
Ci aggiriamo tra i mercati e le bancarelle, che ricordano situazioni già
viste in quanto comuni a molti altri popoli, facendo così il pieno di
suoni, odori, gusti ed immagini.
Con un taxi andiamo sino a Famagosta, seconda città dell’isola, città con
un nome famoso ma che ci appare immediatamente come un fantasma di tempi
migliori.
I grossi alberghi sul mare sono deserti ed in parte anche abbandonati, non
essendoci da tempo più nessun tipo di turismo.
Questo particolare ci era già stato fatto notare con una certa malizia,
dai proprietari di alcune case dalla parte greca, vicine al confine ed a
Famagosta.
Qui, infatti, con un fare certamente imprenditoriale avevano alzato sul
tetto della casa una torretta in legno da dove, pagando l’ingresso con
binocolo e bibita inclusa nel prezzo, si poteva vedere il profilo della
città in questo suo malinconico abbandono.
Il ritorno a Nicosia ci riporta nel nostro piccolo albergo senza pretese
ma inserito in un contesto veramente particolare, è infatti dentro una
parte delle mura veneziane che anticamente circondavano la città e questo
ci ricorda quanto l’Italia abbia partecipato alla cultura di tutta questa
parte di mondo. |